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Il Georadar o più semplicemente GPR (Ground Penetrating Radar) è uno strumento che si basa sull’immissione di impulsi di onde elettromagnetiche ad alta frequenza (10 MHz ÷ 3GHz con esclusione delle bande di frequenza già impiegate per altre applicazioni) nel sottosuolo e nella ricezione degli echi radar riflessi da eventuali superfici di discontinuità.
La propagazione delle onde elettromagnetiche è strettamente legata alle costanti dielettriche dei materiali, che derivano a loro volta dallo stato fisico degli stessi (densità, porosità, umidità, conducibilità, etc.), pertanto tutte le interfacce separanti mezzi con caratteristiche diverse possono essere individuate in modo tanto più certo quanto più alto e il contrasto fisico tra i diversi mezzi.
Molto semplicemente il dispositivo e costituito da un sistema di due antenne, emittente e ricevente generalmente racchiuse in uno stesso contenitore, trascinato sulla superficie del materiale da investigare. Le antenne sono collegate ad un’unità di controllo e montate su un carrello provvisto di odometro (misuratore di distanze).
In pratica, attraverso il dispositivo trasmittente, vengono inviati nel mezzo di indagine una serie continua di impulsi elettromagnetici. In corrispondenza delle superfici di discontinuità, una parte dell'energia trasmessa viene riflessa e captata dalla sezione ricevente dell'antenna mentre un'altra parte penetra ulteriormente per essere riflessa da una superficie sottostante. Contemporaneamente al movimento dell'antenna il registratore grafico produce una sezione continua spazio-tempo nella quale si osservano le tracce delle diverse riflessioni o, comunque, delle anomalie nella risposta. Il dato ottenuto dalla prova è denominato radargramma.
Quest'ultimo ha carattere qualitativo in quanto, dopo opportuna elaborazione, consente l'interpretazione delle caratteristiche delle diverse "riflessioni" sotto forma di geometria e di intensità del segnale ricevuto. Il radargramma riporta in ascissa i valori delle distanze misurate e in ordinata il tempo di riflessione degli impulsi che viene trasformato in profondità, nota la costante dielettrica, e quindi la velocità dell’onda.
La profondità di indagine massima cui si può arrivare con un impulso Georadar dipende, in maniera semplicistica:
dalla frequenza del segnale (minore frequenza corrisponde a maggiore profondità di penetrazione);
dai fenomeni di attenuazione dell’impulso durante il percorso nel terreno (l’attenuazione è proporzionale alla conducibilità elettromagnetica).
Negli ultimi anni si stanno diffondendo configurazioni che permettono di utilizzare diversi set di antenne, che producono contemporaneamente impulsi a frequenze differenti (ex 200 MHz - 600 MHz), consentendo di ottimizzare l’indagine in base della tipologia del substrato e sulla profondità, sulla dimensione e sulla tipologia del targhet da raggiungere.
La scelta delle modalità di acquisizione condiziona enormemente il risultato di una indagine georadar:
una scansione singola, può dare informazioni su eventuali anomalie riscontrate;
più scansioni affiancate tra loro, danno un idea sullo sviluppo laterale delle singole anomalie;
un sistema di scansioni, condotte in maniera parallela e perpendicolare ad una direzione di riferimento, rispettando un passo fisso (maglia di scansioni), consente l’ottimale ricostruzione di tutta l’area investigata.
L’utilizzo di una maglia adeguata consente una ricostruzione delle riflessioni planimetriche ottenendo delle rappresentazioni grafiche su sezioni orizzontali “time-slices”. La costruzione delle time-slices consente l’implementazione di modelli 3D facilitando l’identificazione e la localizzazione delle principali anomalie rilevate.
PRINCIPALI UTILIZZI
ricerca e mappatura di sottoservizi;
localizzazione di fusti e serbatoi sepolti;
ricerche archeologiche;
individuazione di cavità;
indagini stratigrafiche;
indagini non invasive su edifici esistenti (con sistemi ad adeguata frequenza).